Domande Frequenti

Per un approfondimento sulla sicurezza degli psicofarmaci in gravidanza e allattamento al seno si rimanda al volume : "Psicofarmaci in Gravidanza e Allattamento” Terza Edizione (2021), di Cesario Bellantuono, Alpes Editore - Roma

Quante donne in Italia soffrono di un disturbo depressivo in corso di gravidanza ?

Uno studio epidemiologico in Italia ha registrato, attraverso uno screening effettuato tra il 3° e il 4° trimestre di gravidanza, che  circa il 14% delle donne intervistate presentava di disturbi depressivi più o meno gravi, molto spesso associati a disturbi d’ansia. Le stime di incidenza variano nei diversi Paesi dal 10% al 20% delle donne in gravidanza (depressione  antepartum); la depressione può insorgere per la prima volta durante la gravidanza o può riacutizzarsi nel caso di donne che soffrono di “depressione ricorrente”.

L’incidenza della depressione nel puerperio (depressione postpartum) è sostanzialmente la stessa di quella antepartum e tende a manifestarsi più di frequente nei primi 6 mesi del puerperio. Circa il 45% delle donne che soffrono di depressione postpartum ha manifestato rilevanti sintomi depressivi/ansiosi già durante la gestazione.

La gravidanza e il puerperio sono un fattore protettivo o di rischio per le donne che hanno sofferto di disturbi depressivi e/o ansiosi?

La gravidanza non è un fattore protettivo sia per i disturbi depressivi e dell'umore in generale, che per quelli d’ansia; la gestazione è purtroppo considerata un periodo di rischio per l’insorgenza o la riacutizzazione di tali disturbi. La gravidanza come il puerperio, infatti, sono periodi caratterizzati da profondi mutamenti in ambito biologico, psicologico e sociale e di conseguenza possono determinare, nelle donne più “vulnerabili” da questo punto di vista, l'insorgenza di disturbi o sintomi che interessano il tono dell'umore e l'affettività.

Quali sono i sintomi che avverte una donna in gravidanza quando è depressa ed ansiosa?

La depressione in gravidanza si manifesta con profonda tristezza dell’umore che persiste per tutta la giornata; inoltre sono presenti stanchezza (astenia), facile tendenza al pianto, senso di inadeguatezza, pensieri negativi sulla capacità di portare avanti la gravidanza, disturbi del sonno in particolare risvegli frequenti durante la notte e risvegli precoci al mattino, talora (nei casi più gravi) possono essere presenti idee di morte e propositi o veri e propri comportamenti autolesivi (rischio di suicidio).
Quando alla depressione si associa uno stato d’ansia si possono manifestare sintomi quali, cardiopalmo, nausea, senso di oppressione toracica, paura immotivata o preoccupazioni eccessive sulle condizioni del feto, sul decorso della gestazione e sulla buona riuscita del parto; possono anche manifestarsi attacchi di panico. E' molto frequente, anche nelle depressioni ansiose, la difficoltà ad addormentarsi che rappresenta una condizione sfavorevole per garantire alla gestante un buon ritmo sonno-veglia.

Quali sono i rischi per la madre ed il neonato, se un disturbo depressivo e/o ansioso non viene trattato durante la gravidanza?

La presenza di un disturbo psichico, come l’ansia e la depressione, può determinare una serie di conseguenze, talora anche gravi, per la donna, il feto, il neonato e sull'esito stesso della gestazione. Una donna depressa non trattata o trattata in modo inadeguato, spesso adotta un regime alimentare scorretto, può abusare di sostanze come alcol, tabacco o droghe, ricorre meno ai controlli ginecologici e può andare incontro con maggiore frequenza ad aborto spontaneo e parto pretermine.
I neonati nati da madri che hanno sofferto di depressione e/o ansia in gravidanza possono presentare alla nascita elevati livelli di cortisolo plamatico, un basso indice di APGAR e un basso peso alla nascita. Infine, l’assenza di trattamento (farmacologico e/o psicoterapico) potrebbe esporre la donna all’insorgenza di una depressione postpartum, con conseguente grave compromissione  della capacità di accudimento e del legame madre-bambino.
Studi recenti hanno anche dimostrato che la depressione non trattata durante la gravidanza può determinare disturbi psichici e comportamentali nell’infanzia e successivamente anche nell’adolescenza.

Quale è l’incidenza di malformazioni riportata nei neonati della popolazione generale?

Il rischio di malformazioni “maggiori”, cioè di difetti congeniti che richiedono dopo la nascita un intervento estetico, chirurgico o medico, esiste anche per i neonati di donne che non sono state esposte durante l’organogenesi (in particolare nel 1° trimestre) a farmaci o sostanze considerate nocive per lo sviluppo del feto. La percentuale di neonati con malformazioni congenite nella popolazione generale varia dal 2% al 5%.

Molte di queste malformazioni (circa il 65%) sono, in realtà, di origine sconosciuta, altre sono determinate da anomalie genetiche, (es. anomalie cromosomiche); solo meno dell’1%  sarebbe associato ad alcuni farmaci riconosciuti come “teratogeni” (es. farmaci contenenti retinoidi, sodio valproato). Molte malformazioni si risolvono spontaneamente nei primi mesi di vita del neonato, alcune possono essere incompatibili con la vita o determinare la morte fetale intrauterina.

Quali antidepressivi sono considerati sicuri nei primi tre mesi di gravidanza?

Gli antidepressivi “serotoninergici” (denominati SRI), che comprendono la classe degli SSRI (fluoxetina, paroxetina, sertralina, fluvoxamina, citalopram e escitalopram,) e degli SNRI (venlafaxina, duloxetina e vortioxetina), sono considerati farmaci efficaci, ben tollerati e relativamente sicuri per quanto riguarda il rischio di malformazioni congenite. L’incidenza di malformazioni congenite riportata con gli SRI risulta, nella maggior parte degli studi, nell’ambito di quella stimata nei neonati della popolazione generale (2% - 5%).

I dati sulla sicurezza di fluvoxamina e vortioxetina sono tuttavia ancora scarsi. Per la paroxetina è stato riportano un lieve aumento del rischio di malformazioni cardiache, sebbene il rischio assoluto sarebbe comunque basso, con un’incidenza di 15/1000 neonati, a fronte di 10/1000 nei non esposti; dati recenti comunque non hanno confermato tale rischio. Per altri antidepressivi (es. triciclici, trazodone, bupropione, mirtazapina), i dati sulla sicurezza in gravidanza sono abbastanza “rassicuranti” ma molo meno numerosi di quelli disponibili per gli SSRI e la venlafaxina, oggi considerati antidepressivi da preferire nel periodo gestazionale.

Quali sono i rischi neonatali se la madre è in terapia con Antidepressivi durante il secondo-terzo trimestre di gravidanza?

I rischi per un neonato esposto ad antidepressivi durante la gestazione sono legati alla possibile insorgenza di una sindrome da sospensione (simil-astinenziale). In molti casi (circa  95%) i sintomi non sono gravi e regrediscono spontaneamente entro pochi giorni o qualche settimana. Questi sintomi, definiti nella letteratura “Poor Neonatal Adaptation Syndrome (PNAS)”, sono caratterizzati da sonnolenza, tremore, pianto eccessivo, ipoglicemia, disregolazione della temperatura corporea (ipotermia), difficolta nell’attaccamento al seno, distress respiratorio (raramente). La PNAS è stata riportata  (secondo le diverse casistiche) nel 5% - 65% dei neonati esposti in utero ad SRI nel 2° - 3° trimestre, manifestandosi con maggiore frequenza e intensità soprattutto nei neonati prematuri.

L’uso di questi antidepressivi è stato associato a parto pretermine, basso peso alla nascita ed alterazioni dell’indice di Apgar, eventi indesiderati descritti anche in donne con disturbi depressivi e/o ansiosi non trattati durante la gestazione. Sono stati osservati occasionalmente anche casi di ipertensione polmonare persistente (IPP) in neonati esposti in utero ad SSRI per oltre 20 settimane: l’incidenza sarebbe di 3 neonati su 1000 a fronte di 1 su 1000 nei non esposti. Il nesso di causalità tra IPP e uso di SSRI è stato recentemente messo molto in discussione, considerando la eziopatogenesi multifattoriale e la presenza di altri fattori di rischio implicati in questa sindrome.

Quali sono i rischi neonatali se la madre è in terapia con Litio durante il primo trimestre di gravidanza?

I dati sul rischio del Litio (Li) in gravidanza, in particolare per quanto riguarda le malformazioni cardiache, sono stati molto ridimensionati anche per quanto concerne un’anomalia della valvola tricuspide (“Anomalia di Ebstein” - AE). Una ricerca epidemiologica ha documentato un’incidenza della AE di 1/21.000 nati vivi; peraltro, sul totale di AE, il 3,4% riguardava neonati di madri trattate  con psicofarmaci per disturbi psichiatrici sebbene nessuna trattata con Li.  Uno studio recente ha riportato una prevalenza di malformazioni del 7% in neonati esposti a Li nel primo trimestre e del 4% non esposti; la prevalenza di malformazioni cardiache nei due gruppi risultava invece sostanzialmente sovrapponibile.

Su 1.350.000 neonati, altri dati hanno registrato una prevalenza di 2.4% di malformazioni cardiache in quelli esposti a Li e del 1.2% nei controlli. L’incidenza è risultata inoltre di tipo “dose-dipendente”: 4.8% con dosi oltre 900 mg/die, 2.1% con dosi più basse. Durante la gestazione è necessario un monitoraggio della litiemia;  le lineeguida suggeriscono di: a) mantenere livelli non oltre 0.7 mEq/litro, b) frazionare le dosi/die, c)  sospendere il Li 48 ore prima del parto, d) evitare formulazioni a lento rilascio, in somministrazione unica.

La decisione di sospendere o mantenere il Li in gravidanza dve sempre comportare una valutazione dei rischi del trattamento verso quelli del non trattamento, rappresentati da una precoce riacutizzazione del disturbo bipolare, che può interessare fino al 75% delle gestanti.

Quali trattamenti psicoterapici sono consigliati nelle donne che soffrono di disturbi depressivi e/o ansiosi in gravidanza e nel puerperio?

Nelle donne che soffrono di disturbi depressivi depressivi e/o ansiosi in gravidanza e nel puerperio sono considerati trattamenti efficaci la psicoterapia cognitiva-comportamentale e quella interpersonale. Queste strategie di intervento sono considerate di prima scelta, soprattutto nelle condizioni di depressione e/o ansia lieve-moderata. Nei casi che rivestono particolare gravità clinica e che necessitano di terapie psicofarmacologiche (es. depressione maggiore, depressione con sintomi psicotici, depressione bipolare, ansia generalizzata), è sempre consigliabile associare un trattamento psicoterapico e di supporto sociale. Psicofarmacoterapia e psicoterapia sono interventi terapeutici del tutto compatibili tra loro e garantiscono una migliore risoluzione delle gravi condizioni psicopatologiche nelle donne in gravidanza e postpartum.

Quali sono i rischi neonatali se una donna assume in gravidanza farmaci appartenenti alle classe delle Benzodiazepine?

Il rischio che le Benzodiazepine (BDZ) possano causare se assunte in gravidanza malformazioni é stato messo fortemente in discussione e resta al momento non confermato. Il rischio di labbro leporino e palatoschisi, riportato in alcuni studi degli anni ’70, non è stato confermato da studi  pubblicati successivamente.

Una ricerca su circa 400.000 neonati ha documentato un’incidenza di malformazioni nei neonati esposti nel primo trimestre a BDZ dal 2.7% al 3.4% (2.6% nei neonati di controllo); nello stesso studio, l’incidenza di malformazioni in neonati di madri con disturbi ansiosi e/o insonnia non trattate con BDZ è risultata del 2.8%. L’esposizione a BDZ negli ultimi mesi di gestazione può esporre il neonato ad una “sindrome da sospensione” (simil-astinenziale), o a condizioni di sedazione/sonnolenza, con ipotonia e difficoltà nella suzione. Questi eventi indesiderati si risolvono nella maggior parte dei neonati favorevolmente e in tempi brevi.

E’ opportuno che le donne trattate con dosaggi elevati di BDZ durante tutta la gravidanza, partoriscano in reparti dotati di terapia intensiva neonatale per meglio intervenire in caso di eventuali complicanze neonatali/gestazionali. Le lineeguida raccomandano che la prescrizione di BDZ in gravidanza sia riservato ai casi di gravi condizioni di ansia e/o insonnia, evitando trattamenti a lungo termine e ad alte dosi.

Quali sono i rischi neonatali per le donne trattate nel primo trimestre di gravidanza con Sodio Valproato, Carbamazepina e Lamotrigina?

Il Sodio Valproato (SV) utilizzato come stabilizzante dell'umore nella terapia del Disturbo Bipolare è considerato un farmaco a rischio di indurre, se impiegato nei primi tre mesi di gravidanza, malformazioni del sistema nervoso centrale (es. anomalie del tubo neurale come la spina bifida), del cuore, della faccia, del palato, e del tratto genitourinario (es. l’ipospadia). L’incidenza delle malformazioni varia dal 6% al 7% (in studi meno recenti fino al 17%).

Per il SV il rischio  aumenterebbe progressivamente con l'aumentare dei dosaggi (effetto dose-dipendente). Con dosi inferiori ai 600 mg/die, l’incidenza di malformazioni risulta relativamente bassa (5%), mentre con dosi tra 1000 e 2000 mg/die aumenta fino al 10% - 12% dei neonati esposti. L’impiego di SV durante la gravidanza deve sempre essere associato anche in fase preconcezionale ad acido folico. L’assunzione materna di SV è stata associata a deficit cognitivi e problemi comportamentali nell’infanzia e adolescenza. Il rischio di indurre disturbi dello spettro “autistico” invece non sembra confermato e necessita di ulteriori approfondimenti, vista la complessità del disturbo autistico e i numerosi fattori di rischio che lo determinano.

Anche per la Carbamazepina (CB) è documentato un rischio di malformazioni dose-dipendente ma meno evidente rispetto al SV. La prevalenza stimata di malformazioni varia dal 2% fino al 5% con dosi più elevate (> 1000 mg/die.); non sono confermati disturbi dello sviluppo cognitivo nell’infanzia. La Lamotrigina non é considerata un farmaco a rischio di indurre anomalie congenite, poiché l’incidenza di malformazioni in neonati esposti nei primi tre mesi di gravidanza è stimata intorno al 2.3% - 2.8%.

Gli psicofarmaci sono compatibili con l’allattamento al seno?

Tra le diverse classi di psicofarmaci (antidepressivi, benzodiazepine, stabilizzatori dell’umore ed antipsicotici), sono disponibili farmaci  che possono essere assunti dalla neomamma anche in corso di allattamento al seno e per tutto il periodo del postpartum.

Per avere informazioni affidabili sugli psicofarmaci compatibili con l’allattamento al seno sono disponibili in Italia Centri di informazione presso istituzioni pubbliche, facilmente accessibili telefonicamente. Si segnalano alcuni dei più conosciuti:

  • Roma - Telefono Rosso, Policlinico Gemelli
  • Bergamo - Tossicologia Clinica, Ospedali Riuniti
  • Firenze - Centro di Tossicologia, Ospedale Careggi.
  • Tra le fonti internazionali di libero accesso online, si consiglia la consultazione del sito: LactMed - Toxnet Database - del National Institute of Health (USA).

Quali sono gli psicofarmaci considerati più sicuri durante l’allattamento al seno?

Tra gli Antidepressivi, sono considerati di prima scelta nell’allattamento al seno Paroxetina e Sertralina, farmaci appartenenti alla classe degli SSRI (Inibitori Selettivi della Ricaptazione della Serotonina).
Tra gli Ansiolitici-Ipnotici sono considerati di prima scelta nell’allattamento al seno Lorazepam, Oxazepam e Lormetazepam, farmaci appartenenti alla classe delle Benzodiazepine, e lo Zolpidem ipnotico appartenente alla classe delle “Z-drugs”.
Tra gli Antipsicotici, sono considerati di prima scelta Olanzapina e Quetiapina, farmaci appartenenti alla classe degli antipsicotici di “seconda generazione”.
Tra gli Stabilizzatori dell’umore è considerato di prima scelta il Sodio Valproato.

Nel caso di allattamento al seno è in ogni caso sempre raccomandato una osservazione regolare del neonato allattato, per identificare precocememnte possibili effetti indesiderati, quali sonnolenza, sedazione, disturbi gastrointestinali, irrequietezza, difficolta nell’attaccamento al seno. Per informazioni più dettagliate, si raccomanda di consultare il sito del National Institute of Health di Bethesda (USA) - LactMed - Toxnet Database, dove sono riportate per ciascun farmaco (inclusi gli psicofarmaci) le informazioni necessarie per poterne valutare la compatibilità nell’allattamento e gli effetti indesiderati eventualmente segnalati nelle casistiche pubblicate.

Quali sono i dati su efficacia e sicurezza dei prodotti “naturali” per la cura dei disturbi ansiosi e/o depressivi in gravidanza?

Al momento non esistono dati che documentino in modo adeguato, cioè attraverso sperimentazioni cliniche controllate e randomizzate (RCT), l’efficacia terapeutica di prodotti “naturali” cioè “a base di erbe” nel trattamento dei disturbi depressivi e dei disturbi d’ansia. Pertanto, le preparazioni contenenti iperico, passiflora, griffonia, valeriana, melissa, gingko biloba, ginger e altre sostanze a base di erbe, non dovrebbero essere utilizzate per la cura delle suddette condizioni psicopatologiche, soprattutto quando rivestono particolare gravità clinica È esperienza comune che, soprattutto in condizioni di modesti e transitori stati d’ansia e abbassamenti dell’umore, disturbi del sonno non legati a specifiche sindromi cliniche, l’assunzione di questi prodotti (peraltro non rimborsati dal SSN) possa dare un certo beneficio, molto spesso temporaneo, che va riportato ad un “effetto placebo”.

L’uso di questi prodotti in gravidanza, dovrebbe inoltre essere regolamentato da una legislazione simile a quella riservata ai farmaci tradizionali. Il loro eventuale utilizzo nella gravida dovrebbe pertanto, richiedere uno specifico consenso informato, come avviene per la prescrizione di terapie psicofarmacologiche nel periodo perinatale. La sicurezza di questi prodotti sullo sviluppo fetale e sul decorso della gestazione resta tuttora un dato da stabilire attraverso studi clinici adeguati.

In particolare, l’uso di preparazioni a base di Iperico, abbastanza diffuso anche nel nostro Paese, può determinare l’insorgenza di effetti indesiderati, quali disturbi gastrici, vertigini e reazioni cutanee da foto-sensibilizzazione, oltre che un rischio di interazione con altri farmaci, a causa dall’attività di induzione enzimatica dei suoi principi attivi (iperforina e ipericina), attività che potrebbe causare la perdita dell’efficacia di farmaci essenziali, assunti in associazione.
Poiché l’iperico interferisce anche con la pillola anticoncezionale, riducendone l’effetto, si consiglia alle donne che lo assumono (come antidepressivo) di adottare tutte le precauzioni necessarie per evitare gravidanze indesiderate nel corso di trattamenti anticoncezionali. Vista la scarsa consistenza di dati su efficacia e sicurezza dei prodotti a base di erbe in corso di gravidanza e allattamento al seno, il loro utilizzo nel periodo perinatale appare decisamente ingiustificato.

Quali sono i dati sulla efficacia e sicurezza della melatonina in gravidanza e allattamento?

La Melatonina è un ormone secreto dall'epifisi, che viene prodotto in maggiore quantità in condizioni di buio per regolarizzare il ciclo sonno/veglia. Quella presente nelle preparazioni commerciali è un ormone di sintesi, ottenuto in laboratorio e proposto (spesso in associazione con sostanze a base di erbe) per la cura di insonnie di modesta entità e per la regolarizzazione dei disturbi del ritmo sonno-veglia nella cosidetta “sindrome da Jet-lag”. Questa anomalia del sonno è stata descritta in persone che, a causa di un lungo viaggio sono costrette ad attraversare in tempi molto rapidi diversi fusi orari, costringendo il proprio orologio biologico ad un veloce adattamento ai nuovi ritmi di luce/buio e riposo/attività dal luogo di destinazione.

La melatonina è stata proposta anche nell cosidetta “sindrome del turnista” (shift work sleep disorder), un disturbo del sonno che spesso affligge le persone che cambiano spesso il loro orario di lavoro o che lavorano a lungo nei turni di notte. La sua efficacia terapeutica nelle donne con insonnia secondaria a disturbi psicopatologici in corso di gravidanza non è supportata finora da dati consistenti e soprattutto non sono disponibili indicazioni specifiche che ne garantiscano la sicurezza fetale, soprattutto nelle prime 12 settimane di gestazione. E’ ben noto, peraltro, che durante la gravidanza, il livello di melatonina nel sangue aumenti naturalmente. La somministrazione in gravidanza, in aggiunta, non è scevra da effetti indesiderati, potendo interferire con farmaci anticoagulanti e ipoglicemizzanti orali; inoltre, nelle donne in gravidanza sono stati descritti abbassamento della temperatura corporea, alterazioni della pressione sanguigna, cefalea, nausea e vertigini.

Sulla base delle evidenze disponibili, la sua attività di ipnotico nella terapia di gravi disturbi del sonno in gravidanza non risulta supportata da evidenze scientifiche che ne garantiscano sia l’efficacia terapeutica che la sicurezza sullo sviluppo fetale e il decorso dela gestazione. Poiché la melatonina è un componente naturale del latte materrno, non ci sono ragioni di incrementarne la quantità attraverso un’ulteriore somministarzione orale. Al momento, non ci sono evidenze di efficacia nelle insonnie che possono insorgere durante il postpartum e non si conoscono gli effetti di un ulteriore supplemento orale di questo ormone nel neonato allattato, soprattutto se prematuro. Nel caso di isonnie di rilevanza clinica nel puerperio meglio utilizzare, per brevi periodi, benzodiazepine a beve emivita che non passano nel latte materno (es. lorazepam, lormetazepam).

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